LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Dal secondo libro delle Cronache
In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

R. Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre. R.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!». R.

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra. R.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia. R.

Seconda Lettura

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Fglio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna. (Cfr. Gv 3,16)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Parola del Signore

RIFLESSIONE

Quarta di Quaresima. Domenica del perdono.

Vangelo.

Il dialogo notturno tra Gesù e Nicodemo che è capo e maestro dei Giudei; autorevole membro del Sinedrio, si reca di notte da Gesù. Lo scriba vuol capire chi è quel giovane profeta. Le parole di Gesù rivelano il disegno di Dio.

Gesù richiama l’immagine dell’AT del serpente innalzato. Quelli che nel deserto erano morsi dai serpenti, se volgevano lo sguardo al serpente di metallo innalzato, avevano salva la vita.

Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così … bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Egli annuncia la sua fine tragica, sulla Croce.

L’iniziativa è del Padre che dona ciò che gli era di più caro: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito.  

Lo scopo è comunicare la vita eterna … perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Riflettiamo

Chi volge lo sguardo a colui che è innalzato, sarà salvo.

Il cristianesimo è stendere la mano mendicante, dal proprio abisso, a Chi può tutto. La misericordia è data a chi la chiede.

Wolfgang Amadeus Mozart come nessuno mai ha saputo cantare questa Misericordia infinita.
Un anonimo committente incarica Mozart, malato e caduto in miseria, di comporre in quattro settimane una messa da requiem, dietro compenso di cinquanta ducati. Quando le forze iniziarono a mancare per il duro lavoro si convinse che la messa che stava componendo sarebbe stato il requiem del suo funerale.

Il Requiem in re minore K 626, è stata l’ultima composizione di Mozart (deceduto a 35 anni il 5 dicembre 1791), mai completata (il completamento fu dei suoi allievi).

Pur immerso in tutte le contraddizioni dell’epoca, pur con le sue ingenuità e i suoi errori, Mozart esprime il genio del cristianesimo. 

Anche il più incallito peccatore, sprofondato nel vizio, può pronunciare la più pura e vera delle parole cristiane: “salvami!”.

Ascoltiamo un pezzo della Messa di Requiem di Mozart. Il Rex tremendae maiestatis.                                                                                          

Mozart fa intuire “fisicamente” cosa è l’Onnipotenza assoluta di Dio, la sua totale sovranità sull’intero universo;

ascoltiamo dal file musicale: Rex tremendae maiestatis, qui salvandos salvas gratis. (che gratuitamente salvi gli uomini che hai voluto salvare),
E subito dopo questo immane turbine, nel silenzio improvviso, flebile, quasi impercettibile, una voce sussurra: “salva me”:

ascoltiamo dal file musicale:  salva me, fons pietatis.

Basta sussurrare: “salva me” per ricevere la misericordia che è l’ultima parola di Dio sul mondo.

Attenti

Dio ha solo bisogno di un punto d’appoggio, anche infinitesimale, per costruirci sopra la salvezza.

E questo punto è la sincerità della domanda.

L’unica condizione per ricevere la Misericordia è la sincerità della domanda.

Questo grido è tanto più sincero quanto più uno è tutto proteso a fare ciò che può fare, anche a tagliare corto col peccato, se riesce.

A partire da questo grido, la misericordia di Dio costruisce la salvezza dell’uomo.

Dipinto

Caravaggio, Deposizione, 1604, Pinacoteca Vaticana.

Il momento in cui il Cristo morto sta per essere deposto nel sepolcro. La prospettiva va dal basso verso l’alto.

Lo spigolo della lastra sepolcrale, in primo piano, sembra quasi fuoriuscire dalla tela. Il corpo senza di vita di Cristo, in un drammatico abbandono, è sorretto con fatica e dolore da Giovanni e Nicodemo.

Nicodemo è l’unico a rivolgere lo sguardo verso l’osservatore; l’ammirazione di Caravaggio per Michelangelo Buonarroti si rivela nella figura di Nicodemo, il cui volto è il ritratto del grande scultore fiorentino. Nicodemo, il maestro dei Giudei, che venne da Gesù di notte per parlare con lui, aiutò a seppellire Gesù. (… e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre).

I personaggi sono ritratti con grande realismo: le rughe sui volti, le pieghe degli abiti, il nodo nel lenzuolo funebre, le costole e i muscoli, le vene e le ferite del corpo di Cristo.

Col sacrificio della sua vita ha inaugurato il tempo della misericordia.

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