Dal Vangelo secondo Marco
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

RIFLESSIONE

Perché i discepoli lo seguirono?

All’inizio c’è stato un incontro. Lungo la riva del lago la sua presenza risulta eccezionale. I primi discepoli nell’incontro con quell’uomo furono presi da un grande stupore.

Quello che diceva era inconcepibile, quello che faceva era inimmaginabile

Era un’eccezionalità senza sponde che riempiva di stupore gli amici del lago. Immaginate quei primi discepoli; ogni giorno erano spettatori di fatti eccezionali.

Le sue azioni (guarigioni, miracoli …), i suoi gesti erano eccedenti l’umano! 

Restavano impressionati da quell’uomo senza paragoni.

Man mano che gli andavano dietro e  stavano attenti a quel che diceva, a quel che faceva, … quello stupore iniziale si approfondiva.

Lo stupore iniziale diventava un giudizio: Nessuno è come lui!

Era un giudizio che incollava: per cui tutti i giorni erano come manate di colla e non potevano più liberarsi. Non erano più capaci di staccarsi da lui. Egli divenne con il tempo il centro affettivo della loro vita.

Quell’uomo era corrispondente a tutto ciò che essi aspettavano.

Attenti.

La gente si butta in mille esperienze per cercare ciò che dà pace al cuore; ma le esperienze hanno come esito la delusione.

Giosuè Carducci, Jaufré Rudel, 1888. Opera in versi.

Il poeta trovatore provenzale Jaufré Rudel, intorno all’anno mille, si era innamorato di una donna, Melisenda, la Contessa di Tripoli. Il poeta provenzale era alla ricerca di un bene che desse pace al suo cuore. Senza averla mai vista (di lei avrebbe sentito parlare da alcuni pellegrini), per lei scrisse le sue opere.

Per incontrarla, partecipa alla seconda Crociata, ma si ammala durante il viaggio. Muore sulla spiaggia di Tripoli nelle braccia della contessa che tanto aveva amato, avvertita dell’arrivo del poeta morente. Colpita da questo amore così puro e allo stesso tempo infelice, si fece monaca. 

Giosuè Carducci è autore di una poesia in cui racconta l’arrivo di Jaufré sulla spiaggia di Tripoli e la sua morte tra le braccia di Melisenda.

Carducci commenta con virile tristezza:

“— Contessa, che è mai la vita?
È l’ombra d’un sogno fuggente.
La favola breve è finita,
Il vero immortale è l’amor.”

La vicenda insegna che la vita si consuma a inseguire sogni che non si realizzano mai. (Questo è il pensiero di Carducci ).

Nota bene

I primi che lo hanno seguito fecero una sorprendente scoperta.

Nell’incontro con quell’Uomo si scoprirono uomini veri.

I primi che lo hanno seguito fecero una sorprendente scoperta. Nell’incontro con quell’uomo scoprirono il bene supremo della vita.

Ciò che si riteneva normalmente impossibile, accadde. La realtà che stava davanti era ciò che il cuore aspettava da una vita.

Quell’uomo era corrispondente a tutto ciò che essi aspettavano.  

Cristo fu l’impossibile corrispondenza!

Dipinti:

A – Henri Matisse, Donna davanti all’acquario, 1921, Art Institute Chicago.

“Ciò che mi interessa di più è la figura umana. Solo questa mi consente di esprimere meglio il mio sentimento quasi religioso della vita”.

Il dipinto: Seduta ad un tavolo davanti a un acquario. Il capo poggia sulle braccia incrociate. Lo sguardo cattura la nostra attenzione.

Il volto della donna, immobile e triste …  C’è una domanda in quel volto; la ricerca di un senso più profondo delle cose.

B  – Hendrick Terbrugghen, part. Vocazione di Matteo. 1621, Utrecht

Pittore olandese, esponente del caravaggismo in nord Europa.

A volte ha ripetuto i temi di Caravaggio, come nella Vocazione di San Matteo.

Matteo, barbuto, è seduto ad un tavolo con un gruppo di persone. Cristo, di spalle, seminascosto, tende l’indice  verso Matteo chiamandolo: “Tu”.                     

La luce, grande protagonista del dipinto, incontra l’umanissima espressione sbigottita di Matteo che punta il dito contro se stesso come se chiedesse a Cristo “io?”, “ io che c’entro?”. Matteo è preso dai suoi affari (esattore delle imposte e relative tangenti).                                                 Questo è l’istante in cui l’istante in cui il Signore lo chiamò.

Nell’incontro con Cristo inizia una storia nuova nella quale il discepolo scoprirà che quella Presenza eccezionale risponde all’attesa sconfinata del suo cuore.

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