Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
RIFLESSIONE
Le beatitudini provocano disagio in chi le ascolta: proclamare felici i poveri, gli affamati, chi subisce l’ingiustizia, i perseguitati, cozza contro la più elementare esperienza: sono veramente Beati?
Sarebbe come dichiarare che la disgrazia è una benedizione.
Cosa annunciano le beatitudini? Gesù porta una bella Notizia rivolta a tutti.
E’ possibile un cammino alla felicità sempre, anche nelle circostanze più amare, se si è uniti a Lui. Chi lo segue, avrà la felicità. E’ promesso un destino positivo per l’uomo. Le beatitudini sono la strada che porta alla felicità, ad una vita riuscita cioè alla Santità; l’ideale a cui l’uomo è chiamato.
Nota Bene.
Una volta – in una società cristiana – l’ideale dell’uomo era la santità; ma oggi, chi desidera diventare santo?
L’ideale sembra essere il super-uomo, il divo … chi ha una particolare genialità che lo porta al successo; vedi politici, attori, calciatori, foto-modelle, cantanti … per diventare famosi come Fiorello, Amadeus, Fedez, Belen, Lorenzo Insigne … o partecipare alla soap opera Un posto al sole o al reality show il Grande Fratello.
Noi viviamo in un’epoca che esalta l’umano.
Un’epoca come la nostra si può rappresentare con l’affermazione attribuita, nell’opera dello storico romano Sallustio, al console Appio Claudio il Cieco, politico e letterato romano del IV sec a. C.: “Ciascuno è artefice del proprio destino”.
Una concezione di vita esaltante; l’uomo impegna tutte le sue energie per riuscire nella vita.
All’ideale del Santo si è sostituito quello di un uomo capace con le sue sole forze di costruire il suo destino. Questo criterio è ovvio in una cultura che non abbia Dio come punto di riferimento.
Ma sarebbe un criterio ingiusto. Che ne sarà di chi non ha le doti necessarie per farsi un nome o di chi non ha avuto circostanze favorevoli?
Attenti.
Il Santo non è il super-uomo ma un uomo vero; l’uomo che aderisce a Dio e quindi all’ideale per cui è stato fatto il suo cuore.
Nella Chiesa di ogni tempo figure visibili hanno raggiunto lo scopo per cui sono state create: i Santi.
L’incontro con queste persone ci sveglia dal torpore della mediocrità e suscita in noi il desiderio di un’umanità più grande. L’incontro con queste persone accende in noi il desiderio della santità.
Dipinto:
El Greco, Volto di Cristo, 1590-95, Praga.

Dominikos Theotokopoulos, pittore greco vissuto poi in Spagna. Oggi ha fama universale ma negli anni in cui visse e operò non conobbe il successo.
La testa del Redentore si inquadra in un rombo di luce; la luce proveniente dall’alto illumina il volto di Cristo in contrasto con l’oscurità del fondo.

Gli occhi di Cristo, tesi nella profondità del cielo, richiamano l’ideale per il quale siamo stati fatti: Dio!

(Musica: Mission, Morricone)